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 “People are Googling you”, la gente vi cerca online. Comincia così un interessante articolo proposto da CIO.com (uno dei più autorevoli siti mondiali di Business e IT per CIO). L’articolo (Managing your reputation online) è di qualche mese fa, ma è pur sempre attualissimo. Ecco cosa ci racconta:

  • La gente (colleghi, manager, clienti, fornitori, consulenti, partner, head hunters) ormai sempre più cerca informazioni su di noi tramite Internet, e principalmente tramite Google.
  • Una ricerca (del 2004, non recentissima, probabilmente il dato è superiore ora) dice che il 23% delle persone cercano su Google informazioni su di voi, prima di incontrarvi per un meeting.
  • Un ricerca del 2007 (da ExecuNet) riporta che l’83% degli head hunter usa Google per cercare informazioni sui candidati.
  • E, attenzione, la stessa ricerca indica che il 43% dei candidati vengono scartati per le informazioni che vengono trovate online.

Appare subito evidente (head hunting a parte) che curarsi della propria reputazione online non sia più un privilegio di pochi, ma stia diventando un requisito essenziale per chiunque abbia un minimo di visibilità o voglia continuare a fare business: manager, consulenti, professionisti, tecnici, chiunque lavori nell’ICT o usi l’ICT, ha lasciato delle tracce su Internet, tracce che verranno inesorabilmente trovate da Google o da altri motori.

Incuriositi dalla vostra reputazione online? Spendete 2 minuti con questo interessante “Online Identity Calculator” che in una scala da 1 a 10 vi darà una prima valutazione della vostra reputazione online. Se non avete preso 10, l’autore suggerisce alcune mosse: ad esempio rinforzare il proprio profilo su LinkedIn o altri social network, può aiutare un blog personale o scrivere commenti su altri siti, e serve decidere il proprio messaggio ed il tipo di profilo si sta ambendo, tutto aiuta per generare contenuti positivi attorno a voi: contenuti che migliorano il vostro profilo online.

CIO.com Sempre su CIO.com, qualche giorno fa è apparso un altro articolo altrettanto interessante. In “How to defend your online reputation: 5 tips” un altro autore suggerisce 5 azioni per difendere il vostro profilo online. Ad esempio sembra si possa chiedere a Google di cancellare dal motore contenuti che risultino particolarmente oltraggiosi.  Ma l’autore considera anche altri siti oltre a Google, come Facebook, MySpace, e i numerosi “people search engines” cioè quei siti che raccolgono informazioni dalla rete e costruiscono automaticamente il vostro profilo: che lo vogliate o no. Parliamo di Spock, Wink, Pipl e cosi via. L’autore offre alcuni buoni spunti e suggerisce anche di valutare servizi come MyPrivacy che si occupano di monitorare e difendere la vostra reputazione.

Morale? Dopo la legge sulla Privacy che tanto ha coinvolto sia aziende che persone, ora dovremo affrontare anche gli aspetti della privacy online, e della nostra reputazione: per rinforzare il nostro profilo e per essere più credibili nel mondo del business. E per evitare possibili diffamazioni indesiderate.

linkedin.jpg Che io sia un fan di LinkedIn non è un mistero: trovo le funzionalità ed i servizi offerti di grande valore, e già più volte ho usato LinkedIn per la mia attività professionale. Ma qualche giorno fa, LinkedIn ha annunciato (vedi articolo su New York Times) di aprire i battenti della propria piattaforma a sviluppatori esterni. Questo significa che a breve potremo trovare plug-in di terzi che potremo inserire nella nostra home page di LinkedIn, e, soprattutto, utilizzare dati provenienti da LinkedIn in applicazioni web terze. Ad esempio potremmo mostrare il nostro curriculum vitae che abbiamo su LinkedIn, all’interno di un widget dentro il nostro blog personale, oppure indicare il numero di contatti nel nostro network professionale, oppure troveremo siti di job-posting che attingono info da LinkedIn, e cosi via.Le API (application programming interface) messe a disposizione permetteranno quindi di costruire widget ed applicazioni. E le API avranno il pieno supporto per la piattaforma di Google OpenSocial, altra piattaforma che dirà presto la sua sul Web. LinkedIn gioca questa mossa per contrastare gli altri due social network di riferimento, Facebook e MySpace, ma l’impostazione che prevale è quella di business networking invece che social networking.

Insomma un altro bell’esempio di Web 2.0, e per dirla alla BEA …. di Business Liquidity

Attenzione!

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